lunedì 11 febbraio 2013

Nessun dove


Titolo originale: Neverwhere
Autore: Neil Gaiman

Nessun dove (Neverwhere) è un romanzo di Neil Gaiman, scritto nel 1996 e pubblicato nella versione italiana dalla casa editrice Fanucci nel 1999.
Il romanzo uscì quando la serie era arrivata al terzo episodio e presenta alcune differenze con la versione televisiva della storia. Una versione riveduta del romanzo, venne pubblicata per il mercato editoriale Americano e, in seguito, una terza versione, con alcune modifiche e integrazioni tra le precedenti, è stata pubblicata come definitiva.
Trama: La storia che Neverwhere racconta è quella di un giovane inglese comune, così comune da non avere nulla di speciale, se non qualche piccola bizzarria vagamente kitch, come la mania di collezionare piccoli troll di plastica dai capelli fluorescenti. 
Il suo nome è Richard Mayhew e all'inizio del romanzo sta per trasferirsi a Londra, dalla periferia alla metropoli, per cominciare la sua vita adulta, lavorare, farsi strada nel mondo reale.
Quello che invece troverà a Londra è una rivelazione.
Grazie ad una coincidenza, l'incontro con una ragazza ferita e esausta per la strada, Richard scopre l'esistenza di un mondo parallelo, popolato e plasmato da tutti coloro che vivono ai margini, gli invisibili, i pazzi, quelli che la gente tende a ignorare.
Al seguito della giovane ferita, che in realtà è Lady Porta in fuga da due cacciatori ridicoli e terrificanti, Richard finirà in una tana del bianconiglio straordinariamente profonda, alla scoperta di Londra Sotto, la Londra sotterranea, per cercare - attraverso prove e inganni, e con l'aiuto di bizzarri personaggi - chi ha ordinato (e perché) la morte della famiglia di Porta.



Fumetto: Nel luglio del 2005 è uscita una trasposizione in fumetti di Neverwhere edita dalla sezione Vertigo della DC Comics. I testi della miniserie sono di Mike Carey (già sceneggiatore, tra l'altro, della serie Vertigo Lucifer, una sorta di sequel del Sandman di Gaiman), mentre i disegni e le copertine sono di Glenn Fabry (già copertinista della serie Preacher, sempre per l'etichetta Vertigo).


La serie televisiva: Neverwhere vede la luce prima come serie televisiva, andata in onda nel 1996 sul canale BBC Two e prodotta da Clive Brill, diretta da Dewi Humphrey e corredata da una sigla di testa e di coda dell'artista visivo Dave McKean, alla sua ennesima collaborazione con Gaiman. Il romanzo uscì quando la serie era arrivata al terzo episodio e presenta alcune differenze con la versione televisiva della storia. Una versione riveduta del romanzo, venne pubblicata per il mercato editoriale Americano e, in seguito, una terza versione, con alcune modifiche e integrazioni tra le precedenti, è stata pubblicata come definitiva.

Si recita...

Non si recita per guadagnarsi il pane... si recita per mentire, per smentirsi, per essere diversi da quello che si è. Si recitano parti di eroi perché si è dei vigliacchi, si recitano parti di santi perché si è delle carogne, si recita perché si è dei bugiardi fin dalla nascita e soprattutto si recita perché si diventerebbe pazzi non recitando!

venerdì 25 gennaio 2013

Il mio vicino Totoro

Titolo originale: Tonari no Totoro
Regia: Hayao Miyazaki
Durata: 86 minuti

Trama: La storia è ambientata nell'hinterland della Tokyo degli anni cinquanta. Le sorelline Satsuki e Mei si stanno trasferendo col padre a Tokorozawa, un piccolo villaggio di campagna. Il trasferimento serve per andare a vivere più vicini alla loro mamma che è ricoverata in ospedale. Inizia così il loro viaggio alla scoperta di un mondo nuovo, ma soprattutto alla scoperta della natura.
Il loro primo incontro è coi "nerini del buio" o "corrifuliggine" (makkurokurosuke o susuwatari in originale), spiritelli della fuliggine che occupano le vecchie case abbandonate e che solo i bambini possono vedere (gli stessi spiritelli poi ripresi ne La città incantata).
In seguito Mei, esplorando la sua nuova casa e seguendo delle tracce di ghiande, s'imbatte in due spiritelli, uno piccolissimo dal pelo bianco e uno più grande e azzurro: seguendoli fin dentro il grande albero di canfora che domina sulla zona, incontra Totoro, uno spirito buono dall'aspetto un po' pittoresco: un incrocio tra una talpa, un orso e un procione. È un personaggio che Mei ha già visto in un libro di fiabe, un troll, in giapponese tororu, ma la bambina avendo solo quattro anni ne storpia il nome in totoro.
All'inizio suo padre e sua sorella sono increduli, ma quando non riescono a ritrovarlo non si stupiscono: il padre spiega che è il custode della foresta, e vederlo è un privilegio che non può essere concesso sempre e a tutti.
Curiosità: Quando Miyazaki concepì per la prima volta Il mio vicino Totoro, la protagonista era unica ed era una bambina di 6 anni. Prima di avviare la produzione però, decise di dividerla in due sorelle, una più grande e una più piccola di quella che aveva in mente. Ecco come sono nate Satsuki e Mei. La loro origine comune è visibile nel nome: "Mei" è la versione giapponese della parola inglese per maggio (May); "Satsuki" è un termine in giapponese arcaico per il quinto mese dell’anno, maggio appunto.
Il film è in parte autobiografico. Quando Miyazaki e i suoi fratelli erano piccoli, la loro madre ha sofferto di tubercolosi spinale per nove anni, trascorrendo molto del suo tempo in ospedale. Di conseguenza nel film, anche se non viene mai rivelato, la madre di Satsuki e Mei soffre anch'essa di tubercolosi. Miyazaki una volta disse che per lui sarebbe stato troppo doloroso se i due protagonisti fossero stati bambini anziché bambine.
Critica: La rivista Empire ha collocato il film al 41º posto nella sua personale lista dei "100 migliori film del cinema mondiale". Mentre Totoro, il simpatico animale protagonista del lungometraggio, si è piazzato al 24º posto nella lista IGN dei "25 migliori personaggi degli anime". L'animale è risultato così gradito anche a Hayao Miyazaki e a Isao Takahata, che hanno deciso di farlo diventare il marchio dello Studio Ghibli.

Impatto culturale: Il mio vicino Totoro ha contribuito a portare l'animazione giapponese all'attenzione mondiale e ad avviare il suo regista, Hayao Miyazaki, al successo. Il personaggio principale del film, Totoro, è famoso tra i bambini giapponesi come Winnie-the-Pooh lo è per quelli inglesi. The Independent valuta Totoro come uno dei migliori personaggi del cinema di animazione, descrivendo la creatura, «allo stesso tempo innocente e maestosa, Re Totoro cattura l’innocenza e la magia dell’infanzia meglio di qualsiasi altra creazione magica di Miyazaki». Il Financial Times ha riconosciuto il fascino del personaggio, commentando: «Totoro è amato più genuinamente di quanto Mickey Mouse possa sperare di esserlo nelle sue più fervide […] fantasie».
La rivista ambientalista Ambio ha descritto l'influenza di Il mio vicino Totoro come «una forza potente per concentrare i sentimenti positivi che i Giapponesi hanno nei confronti delle satoyama e della vita tradizionale di campagna», tanto che il personaggio di Totoro è stato usato come mascotte dal comitato "Totoro Hometown Fund Campaign" per preservare aree di satoyama nella prefettura di Saitama. Il fondo, avviato nel 1990 dopo il rilascio del film, ha tenuto un'asta nell'agosto 2008 presso i Pixar Animation Studios, dove ha venduto più di 200 tra disegni originali, illustrazioni e sculture ispirate da Il mio vicino Totoro.
Un asteroide della fascia principale è stato chiamato 10160 Totoro in onore del presonaggio centrale del film.
Riconoscimenti:

1989 - Mainichi Film Concours
Miglior film ad Hayao Miyazaki
Noburo Ofuji Award ad Hayao Miyazaki

1989 - Blue Ribbon Awards
Special Award ad Hayao Miyazaki

1989 - Kinema Junpo Awards
Miglior film ad Hayao Miyazaki
Readers' Choice Award Miglior film giapponese ad Hayao Miyazaki

1995 - Saturn Award
Nomination Best Genre Video Release

 

I lupi nei muri


Titolo: I lupi nei muri
Autor: Gaiman Neil, McKean Dave

Trama: Una bambina che, nella notte, sente rumori provenire da dentro i muri di casa; il suo maialino di pezza rosa, che, come lei, pensa che siano i lupi a provocare quei rumori; i suoi familiari, che negano possa trattarsi di lupi, perché “Si dice che se i lupi escono dai muri è finita”. E poi, ancora: volti dei personaggi come di burattini di legno; occhi ridotti a cerchi neri, sempre spalancati; una casa dagli interni inondati di luce calda, ma sottilmente inquietanti.


martedì 22 gennaio 2013

Lo Hobbit



Questa è la storia di come un Baggins 
ebbe un'avventura e si trovò 
a fare e dire cose del tutto imprevedibili...

Autore:  John Ronald Reuel Tolkien
Prima edizione: 1937

Lo Hobbit o la riconquista del tesoro (titolo originale: The Hobbit, sottotitolato There and Back Again, cioè "Andata e ritorno") è un romanzo fantasy scritto da John Ronald Reuel Tolkien. La sua prima pubblicazione risale al 21 settembre 1937. Il seguito di questo romanzo è costituito da Il Signore degli Anelli (The Lord of the Rings), pubblicato tra il 1954 ed il 1955 in 3 volumi.
Il romanzo presenta alcuni importanti elementi, riconducibili alle altre opere di Tolkien sulla Terra di Mezzo: ad esempio l'Unico Anello sarà il tema centrale de Il Signore degli Anelli, mentre le antiche spade elfiche di Gondolin riportano alle storie narrate nel Silmarillion, opus maximum dell'autore, lasciato incompiuto e pubblicato postumo dal figlio. Il tema dell'eroismo è centrale nell'opera, che è stata vista come una metafora della Prima guerra mondiale dove contadini o persone della campagna in genere sono costrette a compiere atti di eroismo.
Lo Hobbit e gli altri due libri costituiscono un unico racconto che si dipana fra le quattro Ere in cui Tolkien divideva la sua subcreazione. Nella Prima Era, raccontata nel Silmarillion, hanno luogo la creazione del mondo assieme alla genesi delle varie razze (a parte quella degli Hobbit) e le vicende relative al primo Signore Oscuro, Melkor; durante la Seconda Era, su cui si possono trarre informazioni attraverso le appendici a Il Signore degli Anelli e l'Akallabêth, una sezione del Silmarillion, assistiamo alla salita e alla caduta del grande regno degli Uomini di Númenor e alla creazione degli Anelli di Potere a opera degli Elfi, aiutati in questa impresa da Sauron, nuovo Signore Oscuro, poi sconfitto dall'Ultima Alleanza di Uomini ed Elfi. La Terza Era è quella in cui hanno luogo gli eventi di Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit; durante essa si svolgono le vicende dei regni fondati dai Númenoreani superstiti, la missione ai danni del drago Smaug e gli episodi della Guerra dell'Anello contro il redivivo Sauron. Durante gli ultimi anni della Terza Era, a eroi Elfi, Umani e Nani di altissimo lignaggio si accostano i piccoli Hobbit della Contea, sbalzati al centro degli eventi dai fatti narrati in Lo Hobbit. Infine, nella Quarta Età, alla quale non è stata dedicata alcuna opera, ma i cui primi anni si possono trovare riassunti nelle appendici a Il Signore degli Anelli, gli Uomini prendono definitivamente le redini della Terra di Mezzo, mentre le altre razze si avviano a scomparire. Tolkien non scriverà storie ambientate nella Quarta Era del mondo, perché per lui la Terra di Mezzo perde assieme agli Elfi tutto il suo fascino e la sua bellezza.
Tolkien immagina il suo fantastico mondo in questa prima opera come un passato remoto del nostro, tant'è che gli Hobbit sono indicati come esseri che vivono ancor oggi e che, per quanto siano molto difficili da vedere, un tempo ebbero un ruolo cruciale nell'estirpare il Male dal mondo che noi conosciamo.
Trama: La storia incomincia nel modo più tranquillo possibile: Bilbo sta tranquillamente fumando la sua erba pipa sull'uscio di casa, quando arriva Gandalf, un famoso stregone, che gli propone di prendere parte ad un'avventura. Lo hobbit esita in un primo momento di fronte alla proposta dello stregone dicendo che gli hobbit sono gente tranquilla, non avvezza alle avventure, da lui definite "Brutte fastidiose scomode cose". Tuttavia il giorno dopo fa la conoscenza di un gruppo di nani cappeggiato da Thorin Scudodiquercia e 12 suoi congiunti ed amici: Balin, Dwalin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bifur, Bofur e Bombur. La faccenda prende una brutta piega per Bilbo che si ritrova tutti questi ospiti in casa: durante il banchetto preparato dallo hobbit si scoprirà che lo scopo di quest'avventura è quello di recuperare un immenso tesoro posto nel cuore della Montagna Solitaria sorvegliato dal vecchio e feroce drago Smaug che in passato ha sottratto queste ricchezze ai nani che dimoravano sotto la montagna.
Bilbo decide infine di accettare e prende parte all'avventura nel ruolo di "scassinatore" e l'indomani esce di casa a scavezzacollo senza niente in tasca, verso l'ignoto e con l'amara prospettiva di non fare più ritorno nella sua comoda casa, essendo l'avventura irta di pericoli: durante il cammino infatti incappano in alcuni Troll, detti anche Uomini Neri o Vagabondi, i fratelli Berto, Maso e Guglielmo, che li catturano ma da cui riescono a sfuggire con l'aiuto di Gandalf, che con uno stratagemma fa in modo che i tre si tramutino in pietra al sorgere del sole; la compagnia trova nella caverna dei Vagabondi anche le spade Pungolo, Orcrist e Glamdring che saranno loro di grande aiuto nel corso delle successive avventure, prese rispettivamente da Bilbo, da Thorin e da Gandalf.
Il gruppo giunge così a Forraspaccata, nell'Ultima Casa Accogliente, dimora di Elrond il mezz'elfo: qui, studiando la mappa di Thorin, scoprono alcune rune lunari sulla mappa, simboli particolari che possono essere letti solo mettendo la mappa in direzione della luna e solo quando questa è in una determinata fase: queste affermano che "il buco della serratura sarebbe stato visibile nel giorno di Durin".
Ripartono quindi diretti alla Montagna solitaria passando per le Montagne Nebbiose: in una notte di bufera cercano riparo all'interno di una grotta ma mentre stanno dormendo tutti la parete di roccia si apre e vengono tutti catturati, eccetto Gandalf, da alcuni orchi. Quando ormai sembra giunta la fine, arriva un nuovo, tempestivo intervento dello stregone che, con i suoi poteri, sbaraglia il nemico e permette al gruppo di fuggire. Nella fuga Bilbo, rimasto separato dal gruppo, fa la conoscenza della creatura Gollum, al quale riesce a sottrarre un magico anello che rende invisibili. Una volta fuori dai cunicoli, temendo il ritorno degli orchi, si avviano velocemente fuori dal territorio accidentato delle Montagne Nebbiose, arrivando nei pressi di una folta foresta; giunti tuttavia in una radura cominciano a sentire numerosi ululati provenienti da tutte le direzioni: sono i Mannari, lupi che si preparavano ad una riunione. Immediatamente Gandalf ordina di arrampicarsi sugli alberi, ma l'arrivo degli orchi, alleati dei lupi, complica tutto: questi esseri malvagi danno fuoco agli alberi e i nani non riescono a respirare.
Fortunatamente vengono aiutati dalle Aquile che li portano vicino al territorio di Beorn: questi è un uomo temuto da molti, che è in grado di trasformarsi in un orso. Tuttavia, a discapito dell'opinione comune, Beorn non è affatto malvagio e, anzi, si rivelerà disponibile e pronto ad aiutarli per attraversare il Bosco Atro: qui però Gandalf lascia la compagnia dei nani dicendo che deve occuparsi di altre faccende. Anche l'interno del Bosco si rivelerà pieno di insidie: il cammino è molto lungo e la compagnia deve sempre seguire un sentiero senza mai deviare, pena lo smarrimento della giusta via, ma presto finiscono le provviste e, spinti dalla fame, i nani abbandonano il sentiero; come se non bastasse Bombur cade vittima di un incantesimo e si addormenta. Il Bosco causa loro moltissimi miraggi: ad esempio, vedono intere compagnie di Elfi; come si avvicinano a loro, però, questi spariscono. Ed è durante una di queste visioni che vengono catturati da alcuni giganteschi ragni. Questa volta è Bilbo a risolvere la situazione, aiutato dal suo nuovo anello. Ma le disgrazie non finiscono qui: vengono nuovamente imprigionati, ad eccezione di Bilbo che era invisibile per effetto dell'anello, dagli Elfi Silvani. Anche in questa circostanza sarà il piccolo hobbit ad aggiustare le cose: sfruttando il potere dell'anello infatti libera i nani imprigionati e li fa nascondere all'interno di alcune botti. Immerse queste nel fiume ed usate come imbarcazioni, i compagni giungono a Pontelagolungo.
Qui vengono accolti con grandi feste: tutti sperano infatti che Smaug il drago presto venga cacciato dalla Montagna Solitaria e che la prosperità possa tornare nelle loro terre, quindi danno loro rifornimenti per il cammino fino ad Erebor. Qui la compagnia trova la porta segreta della Montagna e la riescono fortunatamente ad aprire. Bilbo esplora quindi l'interno e vede per la prima volta il drago che dorme su una quantità enorme di oro, gioielli ed oggetti preziosi: lo hobbit allora comincia a dialogare con il mostro utilizzando un linguaggio insidioso ed enigmatico, senza mai rivelare la sua vera identità. Tuttavia il drago capisce che Bilbo è compagno dei nani e gli consiglia caldamente di non avere niente a che fare con loro. Poi lo lascia andare. Prima di congedarsi, il giovane hobbit si rende conto che il drago ha una corazza che gli protegge il petto tranne che in un piccolo punto. Scoperta questa sua debolezza, prende tempo perché Thorin e i suoi possano colpire Smaug, facendo dei discorsi che infastidiscono il drago: questi, accortosi della presenza dei nani, prima cerca di mangiarli ma, non riuscendoci, esce dalla grotta e si dirige a Pontelagolungo, sfogandosi sugli inermi abitanti. Qui sarà però ucciso da Bard l'Arciere, capo dei ribelli al potere del drago, con una freccia, scoccata nel suo unico punto debole, rivelatogli nel frattempo da Bilbo.
Ad Erebor però i nani non restano con le mani in mano. Prevedendo infatti l'arrivo degli uomini del Lago che avrebbero di sicuro preteso il tesoro, con l'aiuto dei Corvi Imperiali ricevono notizie e comunicano ai loro alleati che hanno bisogno di aiuto ed iniziano ad apprestare difese in previsione di un possibile conflitto. Pochi giorni dopo gli Elfi Silvani e gli Uomini del Lago arrivano alla montagna speranzosi di poter prendere i tesori della montagna per risollevarsi dopo la discesa distruttrice del drago. Le trattative proseguono altalenanti, nemmeno l'espediente di Bilbo di dare agli assedianti l'Archepietra riesce ad acquietare gli animi, ed ha il solo risultato di fare infuriare Thorin nei confronti di Bilbo.
Il 23 novembre 2941 T.E. tutto precipita. Arrivano gli aiuti di Dain dei Colli Ferrosi e tutto lascia presagire che ci sia uno scontro fra i nani contro uomini ed elfi. Ma all'insaputa di tutti gli Orchi delle Montagne Nebbiose calano su Erebor accompagnati dagli alleati Mannari. Nani, uomini ed elfi decidono così di allearsi contro il pericolo incombente e comune: ha così inizio la Battaglia dei Cinque Eserciti. La battaglia è furiosa, orchi, Mannari, uomini, elfi e nani si fronteggiano alle pendici della montagna, ma alla fine dopo numerose perdite fra le quali anche quella di Thorin, la vittoria è dell'alleanza militare di uomini, elfi e nani. Prima di morire Thorin riesce a riappacificarsi con Bilbo per le parole con cui si erano lasciati ed a causa delle quali avevano rotto la loro amicizia poche ore prima.
Dain diventa il nuovo Re sotto la Montagna e distribuisce saggiamente le ricchezze conquistate, Bilbo chiede "solo" un paio di bauli, uno d'argento e uno d'oro visto che sarebbe oltremodo difficile e pericoloso portare ricchezze maggiori. Si mettono tutti in cammino per tornare a casa, dove Bilbo arriva nel giugno 2942.
A Hobbiville tutto però va storto, Bilbo è stato infatti dichiarato morto e tutti i suoi averi sono stati messi all'asta e quasi tutti venduti, anche la sua casa sta per essere data ai suoi cugini Sackville-Baggins. Dopo questa incredibile avventura oltre a perdere una parte dei mobili ha perso anche la rispettabilità, tutti lo considerano alquanto strano e un tipo poco raccomandabile. Tuttavia gli fanno spesso visita i suoi amici, elfi e nani, ed inizia anche a scrivere un libro: Andata e Ritorno, le Vacanze di uno Hobbit.
 Genesi e pubblicazione: Libro per tutte le età, nacque, nelle intenzioni dello scrittore, come una fiaba per bambini; un'origine intuibile dal tono complessivo estremamente colloquiale e dalle numerose interruzioni (in parte scremate nelle versioni successive alla prima) in cui il narratore si rivolge al lettore incitandolo a leggere oltre per scoprire la fine della storia. Interruzioni di questo genere scomparirono assieme al tono favolistico nelle opere successive, non più intese come semplici fiabe, ma come storia di Arda e per questo soggette a innumerevoli revisioni.
La prima versione ebbe una vita alquanto turbolenta. Iniziata alla fine degli anni venti su un pezzo di carta, venne poi pubblicata dalla Allen & Unwin dopo una magnifica recensione del figlio di Stanley Unwin, Rayner, di 10 anni. Secondo Stanley, infatti, non poteva esserci critico migliore, per un libro per bambini, che un bambino: suo figlio appunto, che ricompensava di solito con uno scellino per recensione. In seguito gli sarebbero state chieste altre recensioni o opinioni per le opere di Tolkien, che in parte rimasero private ed inedite a lungo.
Accettato di stamparlo, la prima stampa, di sole 1500 copie e con illustrazioni in bianco e nero dell'autore stesso, avvenne nel settembre 1937 e andò esaurita già a dicembre dello stesso anno. La Houghton Mifflin di Boston e di New York creò per il 1938 un'edizione con quattro illustrazioni a colori, che furono poi incorporate nella seconda stampa inglese. Malgrado la popolarità del libro, lo stato pre-bellico causò scarsità di carta e rallentò l'iniziale espansione editoriale della prima edizione.
Seguirono a questa altre tre versioni dell'opera (1951 - 1966 - 1978) con lievi correzioni causate da una revisione di nomi e dettagli. Fra questi, il più importante è il resoconto della conquista dell'Anello da parte di Bilbo: mentre, nella prima versione, esso è il premio per la vittoria su Gollum nella gara di indovinelli, in quelle successive la sua appropriazione è descritta in termini che l'avvicinano piuttosto a un furto fortuito. In Il Signore degli Anelli, Gandalf riprenderà questo cambiamento parlandone come due distinti resoconti fatti da Bilbo in momenti diversi.
La popolarità dell'opera va oggi ben oltre il mero lettore. Il mercato collezionistico raggiunge cifre ragguardevoli per le prime edizioni. Per una semplice prima edizione si scende difficilmente sotto i 10.000 dollari in qualsiasi condizione, mentre copie nuove e firmate dall'autore possono addirittura arrivare a valere 100.000 dollari.
L'opera è indiscutibilmente conosciuta ed apprezzata a livello mondiale ed è stata tradotta in almeno 42 lingue o dialetti.
Riguardo alle varie versioni in inglese, c'è una nota scritta dallo stesso autore al suo editore in cui lo scrittore pone risalto su un proprio grave errore grammaticale, scioccante per un filologo; infatti sebbene i critici abbiano usato il corretto plurale dwarfs lui ha usato l'erroneo dwarves al posto dello storico ma alquanto arcaico dwarrows.

Le nebbie di Avalon

Le nebbie di Avalon è un romanzo a metà fra l'ucronia e il fantasy, scritto da Marion Zimmer Bradley e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1986.
È il libro principale del ciclo di Avalon. Altri libri che compongono il ciclo sono: Le querce di Albion, La signora di Avalon e La sacerdotessa di Avalon.
Tutta la serie è di tipo religioso-storico: l'autrice descrive, ispirandosi al genere fantasy, il passaggio dalle antiche religioni celtiche alla religione cristiana; nonché il passaggio da un mondo matriarcale ad uno di stampo patriarcale.

Titolo originale: The Mists of Avalon
Autore: Marion Zimmer Bradley
Prima edizione: 1982
Prima edizione Italiana: 1986
Genere: Romanzo Fantasy
Serie: Ciclo di Avalon
Trama: Le nebbie di Avalon tratta degli intrecci storico-fantastici legati alla figura di re Artù, protagonista del ciclo arturiano, il leggendario re che, con la sua tavola rotonda, riportò la pace in Britannia, e vi regnò per lungo tempo. La storia è narrata dal punto di vista di personaggi femminili (caratteristica che si conserva negli altri libri della serie). Nel libro è anche molto marcata la discussione tra la tradizione religiosa dell'epoca, pagana e politeista, e le prime avvisaglie del Cristianesimo con le relative contrapposizioni tra i protagonisti.
Tra magie, tradimenti, alleanze e avventure, si snoda la vicenda già nota, in quanto più volte raccontata in varie versioni.
Marion Zimmer Bradley ci fornisce, però, una sua personale revisione, che risulta da un lato più realistica, in quanto a psicologia dei personaggi, e dall'altro legata all'interpretazione degli elementi fantastici in chiave mitico-religiosa nell'ambito del misticismo celtico.
Cinema: Nel 2001 Le nebbie di Avalon è stato trasposto in versione cinematografica per la regia di Uli Edel. Il film ha in seguito ottenuto 9 nomination per l’Emmy Awards, edizione del 2002. Ha ricevuto anche una nomination ai Golden Globes del 2002 per l'interpertazione di Morgana da parte di Julianna Margulies (attrice nota per la sua partecipazione al telefilm E.R.). In origine il film è stato trasmesso come miniserie in due puntate dalla televisione americana; è stato trasmesso in Italia nel 2004. Del cast fanno parte anche, oltre alla Margulies, nomi importanti del cinema come Anjelica Huston, Samantha Mathis, Edward Atterton e Hans Matheson
Commento personale: Ritengo che sia uno dei più bei fantasy che abbia mai letto!
Sia le ambientazioni che i personaggi sono ben curati e descritti con infinita cura, tanto da prendere vita nella mente del lettore senza alcuna difficoltà.
La storia di Avalon e di Re Artù vissuta dalle grandi donne che ne fanno parte, da Igraine a Morgana fino ad arrivare a Ginevra.
Questt’ultime (Morgana e Ginevra) rappresentano lo scontro tra la religiosa dell'epoca ed il Cristianesimo.
In poche parole “Le nebbie di Avalon” è uno di quei romanzi che quasi dispiace finir di leggere.


lunedì 21 gennaio 2013

Spine



Titolo: Spine
Autrice: Cristina De Lauretis
Editore:  Portaparole

Usa il tuo odio
per amarmi.
Tira fuori i denti
e spoglia
le vene
una ad una.
Se ti chiedo pietà
stringi più forte.

È poesia, breve, brevissima, costruita a tagli e fatta di carne e di dolore. Perché è così che deve essere la poesia per l’autrice: ridotta all’osso. Solo nella sua essenzialità, nuda e priva di fronzoli può penetrare il lettore. Compito del poeta è questo, scavare fino a ferirsi, pulire la parola, spogliarla del superfluo e attraverso la parola colpire. I testi vanno letti e riletti, masticati. Pagina dopo pagina rimangono corpi sudati ed esausti. Rimangono vene spezzate dal desiderio. Sopravvive il dolore amato e odiato di cui, anche quando si è felici, si sente sempre la mancanza.

Cristina De Lauretis è nata in Liguria nel 1972. Oggi vive a Milano, dove lavora in una multinazionale. Nel 2003 alcune sue poesie hanno fatto parte della mostra fotografica “Cinematica – Frammenti senza causa” dell'artista Andrea Corazzi. Nel 2007 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie.